Joyce Andrade

Vivere per l’eternità?

Vivere per l’eternità

Scritto da Giovanni Angilè  

«Il nostro organismo ha la possibilità di vivere fino a 130 anni». Questa affermazione è frutto di ricerche effettuate in ogni parte del mondo perché c’è molto interesse sulla longevità, sui segreti per raggiungerla, sulle capacità di mantenerla. L’uomo ha sempre desiderato eliminare o quanto meno ritardare il giorno dell’esito fatale. Le percentuali di aspettativa di vita sembrano migliorate rispetto al secolo scorso. Allora c’era una maggiore frequenza di mortalità infantile e delle puerpere. È logico pensare che, se quaranta bambini su cento morivano, l’età media era di 50-60 anni. Oggi ci sono meno nati morti, meno complicanze durante il parto e l’età media si è alzata a 80-90 anni.

Le riviste scientifiche plaudono al miglioramento della qualità della vita, alla guarigione di malattie prima mortali quali la tubercolosi e le epidemie delle malattie infettive, ma questo non è vero.

La qualità della vita è purtroppo peggiorata. La diminuzione percentuale delle malattie infettive porta verso i 35-40 anni ad un aumento delle malattie croniche e degenerative quali l’ipertensione, i dolori articolari e alla colonna vertebrale, le cefalee, il diabete, l’insufficienza venosa, le alterazioni della funzionalità di cuore, fegato e rene. La frequenza di mortalità tra i 35 e 55 anni è peggiorata rispetto al secolo scorso ed è causata soprattutto da ictus, infarti e neoplasie.

Gli ultracentenari sono tranquilli, con una vivacità di linguaggio e di mente da fare invidia ai più giovani. Questo è possibile perché all’inizio del secolo scorso c’erano meno medicine, meno medici, meno cibi conservati, meno inquinamento, meno malattie croniche. Le persone allora morivano giovani per le epidemie di malattie infettive o per le guerre. Quelli che riuscivano a sopravvivere avevano una matrice forte che li ha portati a superare senza problemi i 100 anni. Sembra strano che la differenza di 30-50 anni di età porti ad una qualità di vita peggiore. I cinquantenni stanno peggio dei centenari. Chi riesce ad arrivare a 80 anni, lo fa riempiendosi di farmaci chimici perché è diventato «schiavo delle terapie croniche» e spesso è colpito dalla malattia di Alzheimer (demenza senile).

Negli anni Cinquanta del secolo scorso sono iniziate le vaccinazioni di massa, c’è stata la possibilità di avere il medico di famiglia ed i farmaci gratuiti. Questo ha portato ad un eccesso di terapie chimiche che hanno bloccato e continuano a ostacolare il buon funzionamento fisiologico del corpo umano.
Una volta le distanze erano coperte a piedi o in bicicletta. Oggi evitiamo qualsiasi attività fisica, anche quella semplice: camminare. Tutti hanno l’automobile che non solo limita nel movimento, ma aumenta anche l’inquinamento ambientale. I cibi che mangiamo sono pieni di additivi chimici, coloranti, conservanti, ormoni, antibiotici e la qualità nutritiva è sempre più scarsa.

C’è un’aumentata formazione di radicali liberi. Questi sono atomi o molecole con un elettrone spaiato che ossidano i componenti cellulari e causano lesioni e morte delle cellule. Aumentano lo stress, la stanchezza psicologica e fisica. Ciò contribuisce a modificare l’immunità e la capacità di difendersi dai tumori e da altre patologie croniche.

Com’è possibile intervenire per migliorare questa situazione e raggiungere un’età avanzata, ma in buona salute? Dobbiamo cercare di diminuire gli stimoli negativi:

1. Facciamo attività fisica all’aria aperta, possibilmente in zone poco inquinate. Basta solo camminare 2-3 chilometri al giorno, per almeno mezzora.

2. Nutriamoci in modo limitato, adeguato alle calorie che consumiamo e con alimenti vegetali integrali prodotti da coltivazione biologiche. Diminuiamo il più possibile le proteine animali e, se dobbiamo mangiarle, privilegiamo il pesce solo una volta la settimana, evitando le carni, le uova e i formaggi.

3. Non intossichiamoci con i farmaci di sintesi e utilizziamo le cure naturali, quali fitoterapia, omeopatia, agopuntura.

4. Evitiamo le persone e le situazioni stressanti. Inventiamo un altro «io», fuori di noi, che ci osserva mentre siamo arrabbiati o stanchi. Questo spostamento di pensiero e il fatto di guardarci come se fossimo un’altra persona che ci giudica, fa sparire la collera, la depressione e l’ansia.

5. Dedichiamo a noi stessi almeno mezz’ora al giorno in cui stacchiamo la spina, ci riposiamo e facciamo quello che più ci piace, per esempio leggiamo un libro. Possiamo anche stare senza far nulla, rilassandoci e cercando di liberare la mente dai pensieri negativi.

6. Amiamo la vita, accresciamo la nostra «voglia di vivere» ponendoci degli obiettivi da raggiungere e quando li abbiamo raggiunti pensiamo subito ad altri obiettivi.

Biolcalenda luglio/agosto 2013

www.labiolca.it

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